Supponiamo che esistano più divinità di quante l’uomo ne conosca – qualcuno direbbe: abbia inventato. Divinità che non hanno bisogno delle preghiere degli uomini ma che, semplicemente, esistano nel loro essere dèi. Supponiamo ancora che alcune di queste divinità siano la manifestazione eterna, archetipa, di cose materiali. Troveremo allora facile immaginare la Divinità dei Treni. Fatta di binari che collegano diverse parti del globo: se potessimo sollevare da terra tutta la rete ferroviaria mondiale, otterremo una specie di ragnatela. Lungo le trame di questa ragnatela si muovono i destini delle persone, trasportate a gruppi più o meno numerosi. Sperimentano la partenza, il viaggio, l’attesa dell’arrivo e l’impazienza a pochi minuti dalla loro stazione. A gruppi, senza conoscersi, salgono in un contenitore di metallo che li fa scivolare nello spazio e nel tempo, altrove. Mentre sono a bordo restano in balia della velocità e del movimento. Magari pensano, parlano, occupano il tempo. Hanno affidato un loro desiderio, magari di cambiamento, di nuova vita, di lavoro, ad una rete di metallo che li porterà altrove. La Divinità dei Treni non è nè buona nè cattiva. Ti offre un passaggio, e se l’accetti ti lascia lì dove hai deciso.
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