mercoledì 14 agosto 2013

Kali


Non posso prescindere nel mio lavoro dal considerare l’informazione. Anzi, molte delle mie performances hanno come tema, più o meno esplicito, le questioni legate al permanere nel tempo e nello spazio dell’informazione, al suo cambiare in modo armonico o disarmonico, al fattore umano e alla natura stessa della materia che fa sì che l’informazione vada in una direzione piuttosto che in un’altra. Siamo abituati a considerare l’informazione (contenuta in un libro, un film, un’opera d’arte, una fotografia) eterna, digitalizzabile in una sequenza di bit, e dunque immortale. Che cosa rimarrà della nostra informazione (cultura, parole, passioni, idee) tra mille anni? Tra diecimila anni? Tra un milione di anni? Quale materia sarà così duratura da conservarla? Credo che il persistere dell’informazione, e dell’identità, sia una piccola scintilla in un universo in continua trasformazione, che ad ondate lentissime ma inesorabili trasforma tutto. Persiste quel tanto che serve a noi, e a qualche vita dopo la nostra. Nella grande storia cosmica, il trasformarsi della materia è la grande protagonista indiscussa. C’è chi la chiama Kali, ne ha sacro terrore e la implora con parole che si rivolgono di solito alla propria madre.




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