BEVETE DAMBU’
- l’elisir meraviglioso
ovvero: truffe per tutte le tasche
C'è poi questa bufala, che una volta per tutte
bisogna "definirla definitivamente" bufala, delle strutture private
di riabilitazione da tossicodipendenza, che promettono di rimettere "a
nuovo" in dieci giorni e rispedire a casa il paziente, lindo e
detossificato come appena uscito da mammà. Indulgenza plenaria! Prodigio della
scienza medica!
Premesso che non sono un medico, bastano un po'
di buon senso e di logica per intuire che una spiaggia, una clinica a 5 stelle,
un'equipe medica e un personal-yoga-trainer (per rilassarsi!) non bastano
affatto per tornare in patria (queste cliniche extralusso sono in Australia,
Stati Uniti, Inghilterra) ed affermare di aver smesso per sempre con l'abuso
della drogazza pesante.
Preciso: anche in Italia ce ne sono, di queste
cliniche, ma non si sa bene dove, nè chi le gestisca. Se ne viene a conoscenza
solo negli ambienti VIP, per passaparola. Qualcosa venne a galla,
all'attenzione pubblica affamata di scandali, nel 2009. Il PM Musti chiese
cinque condanne, comprese tra i sette e i tre anni di carcere, a carico di
loschi figuri di una presunta associazione a delinquere che, secondo l'accusa,
avrebbe speculato sulla tossicodipendenza promettendo cure improbabili, in una
certa clinica in quel di Bologna. Dove morì Fabrizio Restelli, ventisettenne di
Varese.
La suddetta clinica fu frequentata anche da
Paolo Calissano (quello di "Ad un passo dal sogno", musical scritto
da Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime… prima che la sua partecipazione si
interrompesse per un malessere: all'ospedale Calissano giunse "in stato di
alterazione psicofisica per uso di stupefacenti", dissero i giornali,
altro che cura miracolosa). E perchè questi VIP non denunciano le cliniche,
dopo aver sborsato tanti soldi, al totale di zero risultati? Perchè l'ultima
cosa che vogliono che si sappia è: che hanno (ancora) problemi di
tossicodipendenza. E che hanno fatto la figura dei fessi. Non denunciò la
clinica Paolo Calissano, ma si venne a sapere di essa quando il giudice lo
interrogò, in merito ad un festino a base di drogazze e psicofarmaci, durante
il quale ci lasciò le penne una ballerina (cubana, se non ricordo male).
Sulle riviste patinate abbiamo letto di VIP
(tra cui Amy Winehouse, Mel Gibson, Kirsten Dunst, Lapo Elkann, e ultimamente
di Seymour Hoffman; ma anche tanti, tanti altri) partiti,
"formattati" e tornati a "nuova vita"; come se bastasse
avere abbastanza denaro per permettersi quello specifico mix di cure e dunque
liberarsi del male della drogazza.
Per alcuni di essi sappiamo come è andata a
finire, per altri restiamo in fiduciosa attesa. Tutto questo è così simbolico
del nostro tempo presente. Hai un problema? Se hai i soldi, hai accesso alla
cura giusta; e soprattutto fai in frettissima, che non c'è tempo da perdere, e
al tuo ritorno avrai l'indulgenza plenaria, con la benedizione dei tabloid. Ci
si aspetterebbe che un attore, dopo aver recitato ruoli in film impegnati, non
caschi in simili prese per i fondelli, e invece.
Per inciso, la medicina, e lo yoga, sono cose
serie. Servono anni. In dieci giorni non puoi capire nemmeno di che cosa si sta
parlando. Ma andiamo avanti.
Che l'abuso della drogazza sia in primis il
sintomo di un disagio profondo; che il successo certo non risolva; che sia
anche un contesto sociale (la clinica superspecializzata non ti allontana dalle
cattive frequentazioni di certi ambienti, anzi); che sia una battaglia che può
durare anni se non tutta la vita; beh, la nostra società dello spettacoloso
successo non può certo darlo a vedere. Consuma anche tu la tua preconfezionata
fettina di successo patinato!
Se fosse vero che esiste una cura che in
dieci-venti giorni libera dalla tossicodipendenza, allora non dovrebbe essere
di proprietà privata ma pubblica, gratuita, così che l'ultimo degli operai di
catena di montaggio (che ne ha altrettanti, come i VIP, di turbamenti
esistenziali) possa goderne come chi invece è famoso. Entriamo nel discorso dei
potentati delle multinazionali farmaceutiche. Ma, tranquilli, si tratta di una
battaglia persa, perchè si dà il caso che quelle cliniche non funzionino,
semplicemente.
Una decina di anni fa saltò fuori UROD, la
Ultra Rapid Opioid Detoxification, costava 20 milioni delle vecchie lire, e
molti VIP italiani sborsarono serenamente la somma, convinti che si potesse
comprare il benessere. Era una bufala... ma solo per i VIP. Per quelli che
invece, alla faccia del giuramento di Ippocrate, avevano capito che c'era gente
disposta a sborsare un sacco di soldi, fu un businness ben riuscito, che ancora
oggi prosegue imperterrito.
Come dire: ambiente
che vai, imbonitore che trovi. Giochino di febbraio: quanti dei VIP della lista
al link sottostante, prima di passare a miglior vita per uno shoot di troppo,
hanno frequentato miracolose cliniche?
Nel 2008 scrissi un
testo teatrale: Bevete Dambù, l’elisir
meraviglioso. Potete scaricarlo gratuitamente cliccando qui sotto. Un modo per
affrontare questo tema... da un altro punto di vista.
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