LA COMPATIBILITA’ DEI GRUPPI SANGUIGNI
A TORINO
ovvero esperimenti di eugenetica sulla
gestione degli spazi pubblici.
E’
una faccenda che si complica ad ogni piè sospinto. Comunque, proviamo.
Dal
momento che non tutti nascono nelle condizioni migliori, cioè: la natura non è
equa nè benevola nell’assegnare a ciascuno, nel corso della vita, occasioni e
capacità per condurre la propria esistenza nel pieno delle sue potenzialità; e
dal momento che la vita è una sola, ed è un valore non solo per il singolo ma per
la comunità umana stessa che ciascuno abbia accesso a tutti gli strumenti e a
tutte le occasioni per sviluppare appieno le proprie aspirazioni: premesso
questo.
Allora,
ne consegue che uno dei migliori tratti distintivi dell’essere umano è quello
di cercare di ovviare a questa carenza di risorse e occasioni per tutti con una
serie di interventi (mezzi e luoghi). Nello specifico, in questo caso, parliamo
di luoghi, e di luoghi pubblici: mantenuti nel decoro e gestiti da
amministratori eletti democraticamente, i quali devono far sì che una parte
della ricchezza personale a cui tutti rinunciamo, attraverso le nostre tasse,
renda questi luoghi pubblici gestiti bene e a disposizione di chiunque.
Un
luogo pubblico ben amministrato fa sì che una pluralità di soggetti possa
proporre e godere di attività che altrimenti non avrebbero occasione di essere,
perchè nella realtà presente e parallela della speculazione e dell’interesse
personale non è automaticamente vero che: primo, le idee a vantaggio della
comunità umana siano quelle vincenti, sul campo di gioco al confronto con
quelle che vanno a vantaggio di pochi; secondo, non sempre le idee migliori per
la comunità rispondono a parametri di valutazione in base alla ricchezza che
producono, non essendo per profitto bensì per dare un bene in servizi alla
comunità.
Per
queste ragioni esiste un compendio (ormai intricatissimo e
sovrastrutturatissimo) di leggi esistenti per la gestione di uno spazio
pubblico, che gli amministratori della cosa pubblica rispettano e fanno
rispettare, al fine che gli spazi pubblici siano gestiti a favore di tutti, e
siano accessibili a tutti. Viceversa, non posso usare oppure far usare una cosa
pubblica (nello specifico “uno spazio pubblico”) per condurre interessi
privati, dal momento che è pagata con i soldi di tutti, e dovrebbe andare a
favore di tutti.
Potremmo
immaginare che questo ideale abbia come gruppo sanguigno 0 Rh-.
Può
donare a tutti del suo, però può ricevere aiuti solo da altro 0 Rh-, cioè chi
condivide appieno questo ideale.
Fino
a qui, è tutto così chiaro e bello.
Capite
le regole del gioco, andiamo avanti.
Prima
difficoltà (prevedibile, perchè connaturata alle regole di questo gioco): gli
amministratori dello spazio pubblico in questione. Gestiscono al meglio lo
spazio? Rispettano il principio di cui sopra? Sono in buona fede oppure no?
Sono competenti nell’interpretare il termine “interesse pubblico” nel modo migliore?
A queste domande dovrebbe rispondere il principio democratico, le elezioni (in
un mondo ideale, e magari anche in primis, la coscienza).
Seconda
difficoltà (che ancora non si capisce bene da dove arrivi, se da “fuori”,
imprevista, se era nascosta nelle regole stesse del gioco, se qualcuno non se
n’è accorto in tempo, se è un allineamento dei pianeti...): arriva la crisi. E
capita che non ci siano più soldi per gestire al meglio gli spazi pubblici.
Certo, le tasse continuamo a pagarle: ma non bastano più. Così, gli
amministratori devono trovare una soluzione (gli stessi amministratori che
fanno parte della sezione precedente, la “prima difficoltà”). Elaborano alcune
possibilità, anzi le applicano anche.
C’è
un articolo molto chiaro, nel bando (Accordo di valorizzazione) per
l’assegnazione della Caserma Cavalli. Cito: “Garantire le condizioni di
utilizzazione e fruizione pubblica attraverso la realizzazione di attività
sociali e culturali, attuate in forme compatibili con la tutela e la
conservazione dell’immobile attraverso la partecipazione di soggetti privati,
singoli o associati.”
Questo
articolo può essere interpretato dagli amministratori della cosa pubblica in
diversi modi. E’ chiaro che l’ente o il privato che si prende la grana di
ristrutturare la Caserma Cavalli (perchè l’amministratore non può più farlo) e
ne paga anche l’affitto avrà da buttare sul tavolo delle trattative un suo impegno
economico molto rilevante: e far sì che passi la concessione che l’uso del
suddetto spazio gli faccia rientrare parte dei soldi spesi. Questo può avvenire
con attività non aperte a tutti (cioè pubbliche) ma subordinate al pagamento di
qualcosa da parte del pubblico. E l’amministratore, se vuole risolvere il
problema della gestione dello spazio pubblico, ha due possibilità.
A
questo punto, qualcuno avanza l’ipotesi che il gruppo sanguigno 0 Rh- dell’ideale
di cui sopra possa ricevere aiuti anche da altri gruppi sanguigni. La scienza
medica dice di no. Ma si può provare, via, la politica non è una scienza
esatta. Il paziente si ammalerà? Riusciranno a convivere due gruppi sanguigni
diversi, uno capace di donare a tutti, e un altro invece che riceve ma non
arriva da un retroscena genetico fatto per la donazione? Un gruppo sanguigno B
Rh-, ad esempio, quello della speculazione e dell’interesse personale, che può convivere
solo con un altro B Rh-? Può imparare un B Rh- a donare a tutti?
Concedere,
o trovare alternative.
“Trovare
alternative” è complicato, richiede tempo, coraggio: non è sicuramente facile
studiare una forma che continui a consentire a tutti di avere accesso allo
spazio, e che nel contempo mantenga la struttura pubblica nei suoi costi vivi.
C’è bisogno di soldi, subito! Dunque, piuttosto che scegliere
un’interpretazione “dura” dell’articolo suddetto, si passa ad una sua chiave di
lettura “morbida”. Va bene, puoi farci attività a pagamento, a patto che ce ne
siano altre che continuano ad essere accessibili da tutti. Vedi il primo
paragrafo di questo testo che sto scrivendo, il principio che sta alla base di
tutto il discorso.
Assessore al Bilancio e al
Patrimonio, Gianguido Passoni: “Si tratta del primo bando di gara per una
concessione di valorizzazione aggiudicato in Italia e rappresenta il primo
esempio di un nuovo modello di assegnazione degli immobili, che da un lato
coinvolge i soggetti privati nella riqualificazione e valorizzazione e
dall’altro garantisce il recupero del bene senza oneri a carico del soggetto
pubblico e con lo svolgimento di attività di interesse pubblico”.
Cordata Baricco - Feltrinelli
(e banche annesse), e la Caserma Cavalli è salva.
Che succede ora?
Ogni nuova soluzione, ogni
nuova struttura, genera complessità, ed inediti problemi. Nello specifico, ora
abbiamo un privato che gestisce una struttura non solo per il proprio profitto
personale (e di chi deve pagare), ma anche si fa carico di un interesse
pubblico. Certo, gli amministratori veglieranno sul fatto che non diventi uno
spazio totalmente privato ma continui ad essere aperto a tutto il pubblico e
non solo a chi ha soldi per partecipare alle attività.
Ma sono quegli stessi
amministratori che, a fronte della crisi, soluzioni diverse non ne hanno
prospettate, perchè non potevano, perchè non volevano; amministratori che non
hanno, ad esempio, il potere economico per poter competere con chi invece il
potere economico ce l’ha. A questo punto, tutto diventa estremamente opinabile.
Che la nuova gestione della Caserma Cavalli sia ancora a favore del pubblico, è
un giudizio dato su parametri qualitativi, opinioni, iniziative, fuochi
artificiali che illuminano la notte di un quartiere con problemi accumulatisi
uno sull’altro nel corso di anni e anni. Non ce l’ha fatta a donare a tutti lo
0 Rh-, riuscirà ad imparare a farlo il gruppo sanguigno B Rh-?
Alla suddetta esplosione
di fuochi artificiali, sparati per l’inaugurazione dell’assegnazione del luogo
pubblico, partecipano: Alessandro Baricco, Matteo Renzi, Piero Fassino,
Francesco Profumo presidente Iren, Oscar Farinetti di Eataly, Carlo
Feltrinelli.
Aveva partecipato al bando
per l’assegnazione della Caserma Cavalli anche Ernesto Olivero, che gestisce
l’attiguo Arsenale della Pace: avrebbe voluto lo spazio per risolvere problemi
di accoglienza dei senzatetto. A prescindere dalle opinioni personali: l’assegnazione
l’ha decisa la capacità economica dei soggetti partecipanti, oppure il fatto
che si preferisce avere nuovi giovani scrittori piuttosto che meno disperati
per le strade? Oppure, si poteva immaginare una gestione dello spazio ad opera
di una pluralità di realtà associazionistiche, tutte no-profit, con un
ventaglio di iniziative pubbliche gratuite? (Epperò servono soldi, subito!).
Criteri che valutano gli amministratori di cui sopra. Si torna al problema
numero uno: chi amministra la cosa pubblica, a favore del pubblico.
E questo vale anche per
altri spazi, come ad esempio la Cavallerizza.
Per la quale un certo
numero di artisti vorrebbe farsi carico delle spese, e riappropriarsene.
Quando, in realtà, sarebbe già loro: l’hanno pagata e la stanno pagando con i
soldi delle proprie tasse. Si torna al problema numero due: questa crisi chi
l’ha portata, e chi deve pagarla.
Che possa agire a favore
della comunità solo chi ha i soldi per farlo, è una falsità.
Che si possano mescolare
criteri qualitativi per il bene pubblico con interessi bancari, è una falsità.
Era già difficile prima valutare se un’attività aveva diritto o meno a fondi
pubblici, perchè a favore del pubblico,
figuriamoci adesso che sul piatto della bilancia ci sono prestiti da restituire
alle banche.
Pur non volendo mettere in
dubbio la buona fede di nessuno nel portare avanti progetti a favore della
comunità, l’apertura da parte del Comune a realtà con interessi anche privati nel gestire spazi di
proprietà pubblica è un precedente
molto forte. Se da un lato puzza tremendamente di sconfitta di un ideale (o di
uno scenderne a compromessi), dall’altro (e non è fantascienza, ma casi precisi
di altri episodi avvenuti a Torino) anche un centro commerciale può essere
visto come un’opera di riqualificazione urbana. Basta presentare l’iniziativa
nel modo giusto. Forza, ufficio stampa! Con buona pace del primo paragrafo di
questo testo.
A questo punto, l’ideale
di cui sopra non ha più il gruppo sanguigno 0 Rh-.
E’ qualcosa di diverso.
Non è più in grado di donare a tutti.
E a sua volta riceve
preferibilmente da certi gruppi sanguigni piuttosto che da altri.
Nel calderone di questo
discorso potremmo buttarci anche il fatto che le elezioni di chi amministra la
cosa pubblica sono fortemente influenzate dalla comunicazione che gli stessi
amministratori della cosa pubblica fanno nei confronti del pubblico. Non
sentirete mai affermare: “Abbiamo fatto uno sbaglio” bensì sempre cose a
favore, dal momento che il gioco è: farsi rieleggere. “Mica possiamo rischiare
che anche la Holden se ne vada a Milano.” Un po’ di amor patrio molto sabaudo,
e il gioco è fatto.
Holden srl, proprietari: 40% Baricco, 35% Feltrinelli, 25% Gruppo Eataly. Nel consiglio di amministrazione, tra gli altri: Marco Carrai, consigliere di Matteo Renzi. 2012: la Scuola Holden si aggiudica la gara pubblica per la Caserma Cavalli. 2013: le banche finanziano la Scuola Holden per 3 milioni di euro. Fine 2013: conto in rosso per la Scuola Holden: -426.000 euro. Il 6 gennaio 2014, prima che saltasse fuori questa storia, scrivevo l'articolo qui sopra.
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