Ovvero:
“Assemblage che vai, uomo che trovi.”
Definizione
accademica di assemblage: “Composizione
tridimensionale di oggetti non necessariamente artistici”. Sui libri di storia
dell’arte il primo esempio di assemblage
che si incontra, al capitolo dedicato agli anni cinquanta, è quello di Jean
Dubuffet; si sfogliano un po’ di pagine, e si scopre che anche Duchamp, e poi
Picasso, e altri ancora in seguito hanno lavorato con la stessa tecnica per
produrre alcune delle loro opere. Le cose già scricchiolano e assumono contorni
sfocati quando si ripensa l’assemblage
in relazione al collage, oppure si incontra il ready-made: ricordate
l’orinatoio-fontana?
Questa
definizione accademica di assemblage
non mi convince molto. Va bene che sui testi scolastici si devono dividere gli
accadimenti umani in capitoli numerati e sequenziali, al netto di una storia
che invece è fluida, e soprattutto collocata geograficamente e culturalmente;
mi pare comunque una definizione molto generica, che si potrebbe applicare a
molto altro. Azzardo: nella pratica, a tutti i manufatti. Sembra quasi che l’assemblage sia una sorta di categoria
all’interno della quale si debba far rientrare tutto ciò che non quadra
(dunque, non è un quadro) con altre
definizioni come pittura, scultura e via dicendo.
E’
un assemblage perchè è esposto in una
galleria d’arte?
Credo
che la nascita del primo assemblage
debba essere fatta risalire molto, molto più indietro nel tempo; e precisamente
quando il primo Homo Sapiens, guardandosi la mano come se la vedesse per la
prima volta, forse per un evento casuale (una ferita? un crampo? un dubbio?) si
accorse di quel pollice così diverso dalle altre dita, posto in modo
asimmetrico e contrario; pollice che tutti gli animali di cui era a conoscenza
non possedevano così posto e strutturato. A parte la scimmia, ma lì sorgevano
tremendi dubbi esistenziali, dunque meglio lasciar perdere.
Molto
tempo dopo, alcuni studiosi aggiunsero al termine pollice l’aggettivo opponibile,
e ne fecero una delle tappe fondamentali dell’evoluzione umana (della loro
stessa evoluzione, essendo umani). Quel dito insolito apriva un mondo di
possibilità di manipolazione della realtà circostante. Pollice opponibile e
cervello (strumento e possibilità d’uso), influenzandosi reciprocamente su
potenzialità e limiti di quell’arto che i tentativi dell’evoluzione avevano
prodotto, strinsero un sodalizio che avrebbe cambiato la storia del pianeta
molto più di quello che si poteva prevedere.
Un pollice opponibile per raccoglierli,
un pollice opponibile per strangolarli,
altro che Anelli di quel certo Signore di Tolkien.
I
critici dell’arte defunti mi fanno visita come lo spirito dei natali passati, minacciosi:
“Sappiamo dove vuoi arrivare, ma non tutto ciò che è prodotto dall’uomo è arte,
e tra l’altro nella preistoria non si può parlare di arte vera e propria, le
produzioni artistiche avevano scopi apotropaici, non per il godimento
estetico.” Vogliamo parlare dunque delle finalità delle arti? Un po’ come
bestemmiare in chiesa. Oggi molti collezionisti d’arte celebrano il loro rito
apotropaico nei confronti della caducità della loro esistenza. Solo in modo
molto più elaborato. Chi non lo fa?
Dal
momento che non esiste solo la visione storica e culturale eurocentrica, su
questa sfera un po’ schiacciata ai poli che è il nostro pianeta, bisognerebbe
considerare, per parlare davvero di scopi delle azioni umane, anche di culture
nelle quali, ad esempio, non esiste la parola arte per definire qualcosa: le cose costruite dalla mano e dalla
mente dell’uomo possono essere fatte bene, con arte, oppure male. E’ il caso
del modo di vedere la produzione di cose
nella malesia delle origini. Ma non solo.
Sarebbe
troppo pretenzioso affermare che tutto ciò che è prodotto dall’uomo è frutto di
una ragionata e completa visione delle finalità per cui è stato costruito un
certo assemblage. A prescindere dalla
parte inconscia, gli oggetti che costruiamo possono essere nel desiderio prodotti per un certo scopo, ma avere molte più
conseguenze di quelle che si tengono in considerazione. Forse che l’arte non
deve servire a nulla, se non ad un godimento estetico? Non si potrebbe vendere,
oppure far pagare biglietti per vederla, attribuendole lo scopo di far cassa a
collezionisti e gallerie e musei e mostre. Quanta arte produce rivoluzione? Quanta invece mantiene lo status quo?
Brusca
correzione di rotta: non voglio affrontare in questa sede la questione della
monetizzazione dell’arte. Piuttosto, affermare: tutto ciò che esce dalle mani
dell’uomo è un assemblage, tutta
l’arte, e tutta la non-arte. Da una parte c’è la natura, e dall’altra tutta la
produzione delle cose che non esisterebbero in natura, se non ci fosse l’uomo a
costruirle, trasformando e combinando la materia in varie forme, e per vari
scopi. La vernice e la tela sono oggetti non necessariamente artistici, proprio
come nella definizione accademica di assemblage,
prima che vengano assemblati insieme per realizzare un dipinto.
La
definizione accademica non chiarisce esattamente che cosa sia allora un assemblage, ma spiega molto bene chi è
che l’ha coniata, quella definizione: un modo di pensare che ha bisogno di un
casellario per ordinare tutta la realtà, renderla fruibile e ricollegabile ad
uno scopo; sicuramente in buona fede, ma con un livello di generalizzazione, a
volte, controproducente.
Uno
dei disturbi dello spettro autistico vede certi soggetti affetti da una
patologia che non permette loro di cogliere immediatamente la funzionalità di un
oggetto composto da più parti. Là dove per me c’è un martello, per alcuni
affetti da questo disturbo neuro-psichiatrico ci sono: un pezzo di legno di
forma allungata, simile ad un bastone molto corto, con un parallelepipedo di
metallo montato in cima. Dunque, a latere della capacità di produrre assemblages, è chiaro che il loro uso,
la comprensione dello scopo per cui sono stati prodotti, è una facoltà che
risiede nelle sinapsi; e nel background culturale, aggiungo io.
Ricordo
un parente che la mia famiglia ed io eravamo andati a trovare durante le
vacanze estive. Ormai anziano, aveva trascorso tutta la sua vita lavorando la
campagna. Venne con noi in macchina in città, probabilmente per la seconda
oppure per la terza volta nella sua esistenza, e le occasioni precedenti
risalivano a più di quarant’anni prima. Sgranò gli occhi quando mio padre
prelevò soldi dal bancomat. Prima di vederlo in funzione, non aveva idea: a che
cosa serviva quello strano apparecchio fissato al muro della banca? Vedendo
uscire i contanti, disse solo: “Ma prima devi metterceli tu dentro, i soldi,
no?”
Dunque,
larga parte di ciò che l’uomo produce può essere considerato un assemblage, che diversamente non esisterebbe
in natura; a questo punto possiamo discutere delle finalità per cui è stato costruito,
e delle conseguenze più o meno palesi che questa costruzione porta all’uomo e
al mondo stesso. Il primo assemblage
della storia dell’uomo? Forse una rudimentale ascia. Il più recente? Una
moltitudine di oggetti, ogni giorno, continuamente: mi piace pensare siano le
navi spaziali, così chiudiamo il cerchio (in-quadriamo
il cerchio) e abbiamo tutti in mente la prima scena di 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrik.
Restano
forse fuori dal discorso sull’assemblage
alcune arti: la musica, il teatro. Anche se si potrebbe obbiettare che qualcuno
deve pur costruire uno strumento musicale da suonare, oppure una scenografia
all’interno della quale agire. E la danza, e il canto? Se proprio dovessimo
inventarci alcune macrocategorie, si potrebbe parlare di
Arti-che-si-fanno-senza-le-cose, Arti-che-prevedono-l’assemblage-di-cose, e la sottocategoria delle
Arti-che-si-fanno-con-le-cose. Se accettiamo l’ipotesi che anche il corpo sia
una cosa (tutto, oppure quasi tutto), cade l’ultimo baluardo della visione
malata di onnipotenza di molta parte dell’umanità. Una cosa fatta da chi?
Inizialmente dall’evoluzione; oggi, strumenti molto più raffinati del pollice
opponibile (ma pur sempre costruiti grazie al pollice opponibile della mano e
al pollice opponibile del cervello) giocano la loro partita nel costruire anche
la cosa-uomo.
Il grande gioco del 2014!
Prova
anche tu ad incasellare gli assemblages
che conosci sulla tabella sottostante.
Da
un lato abbiamo gli scopi di un assemblage,
dall’altro le conseguenze che questo assemblage
porta nell’uomo, nella società, nel mondo. Quali assemblages cadono nelle varie categorie?
Assemblage 1: noti tutti gli scopi e tutte le conseguenze.
E’
quello che desidera la scienza. Sapere il perchè di tutte le cose, e poter soppesare
tutte le conseguenze. Questo vorrebbe dire sapere il perchè anche di se stessi,
risolvere quel bel paradosso di Godel per cui non si può dimostrare un problema
senza uscire dal problema stesso. Forse è il limite mortale dell’intelligenza
artificiale, casomai arrivasse al pari di quella umana (superandola, darebbe
origine a qualcosa di nuovamente non-umano, chissà con quali risposte alla
domanda precedente). Anche la religione cerca di entrare in questa casella. Con
un tot di misteri della fede là dove le falle farebbero affondare la nave delle
credenze.
Assemblage 2: noti tutti gli scopi, ma solo in parte le
conseguenze.
Un’automobile
soddisfa il mio bisogno di spostarmi, arricchisce chi la produce, emette un
certo numero di gas inquinanti (la sociologia contemporanea parla di: esternalità). A rifletterci per bene,
produce anche altre conseguenze: traffico, un certo modo di concepire il
viaggio. Si dubita: quali altre sconosciute conseguenze ha questo assemblage...
Assemblage 3: noti tutti gli scopi, ma sconosciute le
conseguenze.
Un
farmaco sperimentale: gli scopi sono curare una malattia, ma non se ne
conoscono ancora tutte le conseguenze, e dunque va sperimentato prima di essere
usato.
Assemblage 4: in parte noti gli scopi, ma tutte note le conseguenze.
La
sigaretta: non so di preciso perchè fumo, sicuramente dipendenza fisica, ma
anche chissà quale componente psicologica. So però che le conseguenze sono:
soddisfazione di un bisogno, nefaste conseguenze alla fine. Praticamente per certo.
Assemblage 5: in parte noti gli scopi, in parte conosciute le
conseguenze.
Dovrebbe
essere la casella in cui si muovono tutte le speculazioni sugli assemblages umani. Nessuno può dire
esattamente il perchè completo, assoluto, dell’esistenza di un oggetto, dalla scoperta/ipotesi
dell’inconscio in poi. E nessuno può sapere esattamente tutte le conseguenze
che, nel tempo, quell’assemblage
causerà. La dinamite entra a buon diritto in questa categoria; il signor Nobel
ebbe modo di sperimentarlo, amaramente.
Assemblage 6: in parte noti gli scopi, sconosciute le
conseguenze.
La
sperimentazione pura: sento il bisogno di fare qualcosa, so che è per
soddisfare una mia pulsione, un desiderio, non so esattamente che cosa accadrà
quando avrò portato a termine la mia azione.
Assemblage 7: sconosciuti gli scopi, conosciute tutte le
conseguenze.
Stiamo
forse parlando dell’universo? Che non sappiamo perchè esiste, ma sappiamo quali
conseguenze ha per noi, in termini di leggi fisiche, a causa delle quali non si
può barare sul tempo e sullo spazio. Certo l’universo non è un assemblage umano. Ma Wermer Karl
Heisenberg lo sottolineò: lo sguardo cristallizza l’universo in una forma
precisa (parafrasando parecchio). A proposito di bombe: in un dialogo con Bohr,
nel 1941, Heisenberg non espresse alcun problema morale riguardo al progetto di
costruzione di una bomba atomica; anzi, era convinto che la suddetta bomba
avrebbe deciso l’esito della seconda guerra mondiale a favore della Germania
nazista. In quale casella lo mettiamo?
Assemblage 8: sconosciuti gli scopi, in parte conosciute le
conseguenze.
I
Moai dell’Isola di Pasqua: non sappiamo esattamente perchè sono stati scolpiti
ed eretti, ma sappiamo che come conseguenze hanno avuto: lo studio degli
stessi, il turismo, ed un buon numero di fotografie suggestive sui social
networks.
Assemblage 9: sconosciuti gli scopi, sconosciute le conseguenze.
Esiste
un assemblage del quale non si sa il
perchè dell’esistenza, e che conseguenze avrà? Un manufatto alieno sarebbe
l’esempio ideale per questa categoria. Torniamo a 2001 Odissea nello spazio, questa volta al romanzo di Arthur C.
Clarke. Forse, nessun assemblage può
rientrare in questa categoria, perchè c’è di mezzo l’essere umano. Sottratto
l’uomo dall’equazione, resta il mistero dell’essere, oppure del nulla.
Links a precedenti (dis)assemblages P-Ars
Voglio premettere, prima di commentare, una bella impressione sulla scrittura manufatta di questo post che mi ha fatto gustare con "contentezza", sí, con contentezza vera e propria e pura, ogni riga, letteralmente bevuto con gusto, come il bicchiere di Rosso Vesuviano color rubino leggermente frizzante, che accompagnava non più di due ore fa il fritto Italia crocché e la pizza pomodoro mozzarella campana basilico frescoalla nuova pizzeqia aperta vicino all'Hochiminh. Ecco, finalmente, la tua scrittura limpida, trasparente, cristallina,senza sbavature di colore né di virgole o punti fuori sincrono. Grazie, dunque, innanzitutto per questo viaggio, per la strada percorsa, dalla prima al'ultima parola, alla fine. Assemblage di segni di lettere di fonèmi di accènti. Si rincorrono, segni e significati, langue e parole desaussurianamente. Assemblage di note forzatamente digitali in questo luogo. Tanta misurata bellezza binaria, 10101101001 all'infinito finito di un lucido assemblage.
RispondiEliminaSiccome sono *precisina* mentre la tastiera del mio smartphone no e basta un digit sfioramento che ti scappa nella fretta di stare dietro al pensiero che corre avanti alla parola-che-si-fa, posto pure la versione *corretta*, tipograficamente editata sul notebook di casa, del commento qua sopra, voilà:
RispondiElimina"
Voglio premettere, prima di commentare, una bella impressione sulla scrittura manufatta di questo post che mi ha fatto gustare con "contentezza", sí, con contentezza vera e propria e pura, ogni riga, letteralmente bevuta con gusto, come il bicchiere di Rosso Vesuviano color rubino leggermente frizzante, che accompagnava non più di due ore fa il fritto Italia crocché e la pizza pomodoro mozzarella campana basilico fresco alla nuova pizzeria aperta vicino all'Hochiminh. Ecco, finalmente, la scrittura limpida, trasparente, cristallina di #P-Ars #AndreaRocciolettiStudio, senza sbavature di colore né di virgole o punti fuori sincrono. Grazie, dunque, innanzitutto per questo viaggio, per la strada percorsa, dalla prima all'ultima parola, alla fine. Assemblage di segni di lettere di fonèmi di accènti. Si rincorrono, segni e significati, langue e parole desaussurianamente. Assemblage di note forzatamente digitali in questo luogo. Tanta misurata bellezza binaria, 10101101001, all'infinito finito di un lucido assemblage."