La stanza d’albergo è un paradigma perfetto. Non parlo delle stanze d’albergo false, quelle che in qualche modo devono fingere di essere altro, particolarmente all’avanguardia, oppure in perfetto stile liberty, o qualsiasi altro espediente per mentire sulla loro vera natura. Intendo la stanza d’albergo pura, quella funzionale e basta, per un passaggio senza coinvolgimento, quella stanza d’albergo uguale ad altre dieci milioni di stanze d’albergo sparse in giro per il mondo. Tutti i grandi artisti sapevano vedere perfettamente, e "fare proprio" per il loro lavoro, questo paradigma. Sapevano vedere il passaggio di altri mille corpi, oltre l’illusione che quella fosse la loro stanza d’albergo. Sapevano le storie che erano transitate prima, e che sarebbero transitate dopo, in quella stanza, gli sguardi che si erano posati e si sarebbero posati sull’armadio senza fronzoli, sulle lampade a buon prezzo, sulle scrivanie immediatamente dimenticate per forma, colore, materiale, non appena abbandonato l’albergo. La stanza d’albergo è il paradigma di quella natura puramente funzionale, eppure l’ossatura stessa della realtà. Tutto il resto, è abbellimento inventato, è narrativa.
Paradigma di cosa? Mi sembra monco il discorso: paradigma del "passare" hic et nunc? O solo della "funzione", quindi dell'"utilità"? Rievochi ancora il concetto di "architetture", stavolta impersonali. Ma è davvero possibile che un luogo resti a-personale? Gli stessi bagni pubblici sono pieni di tracce: la funzione, da sola, non descrive né può farsi senso.
RispondiEliminaSI CONSIDERI IL COMMENTO SOPRA *CANCELLATO* DALL'UTENTE SONIA LUNA.
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