sabato 20 giugno 2015

Aura

Provo a contare quante volte ho sofferto di aura nella mia vita. Non saprei esattamente, non ho tenuto il conto, mai avrei detto che avrei scritto qualcosa al riguardo, né certamente che avrei cercato nell'aura una qualche relazione con la mia arte. Comunque, all'incirca: una ventina di volte. Mi è servito parecchio tempo per capire di che cosa si trattasse, e darle un nome: essendo un fenomeno piuttosto raro, non ne ho mai parlato con il mio medico.




Soltanto in seguito alle ultimissime manifestazioni d'aura ho iniziato ad interessarmi maggiormente a questo fenomeno. Forse sono stati episodi più sconvolgenti di quelli passati, forse voglio esorcizzare il loro ripresentarsi, forse li temo oggi molto più che in quel periodo della vita in cui tutto passa in fretta, il futuro è vastissimo e ci sono troppe cose a cui pensare per soffermarsi sui propri malesseri.




Essendo un fenomeno non ancora del tutto compreso, e non essendo stata messa a punto una cura per esso, la lista delle cose da evitare per far sì che non accada è puramente ipotetica, dettata dal buon senso più che dalla scienza medica.

> stati di stanchezza psicofisica
> stress visivo
> alimentazione (alcool, latticini, zuccheri, diabete, caffeina)
> pasti disordinati
> composti chimici (farmaci, coloranti, fumo, nitrati, glutammato, tiramina)
> problemi di pressione sanguigna
> problemi ai recettori nervosi
> problemi neurovegetativi (mancanza di sonno, anomala quantità di serotonina)
> odori, rumori, allergie, ecc.




Per esperienza posso affermare che sì, effettivamente quando ho avuto episodi d'aura avevo poco prima "contravvenuto" a qualche precetto della lista; tuttavia, e questo mi fa sorgere sospetti sull'efficacia dei consigli sopra citati, quando ho provato a trasgredirne qualcuno non sono mai riuscito ad indurre in me volontariamente un fenomeno d'aura. Questo fatto mi sorprende: c'è qualcosa in me che sa se sto barando oppure no, se mi aspettavo qualcosa o meno, entriamo forse nel campo misterioso della psicosomatica.




Un salto logico notevole è pensare all'aura in senso "artistico" ed "immaginifico" oppure, almeno, in qualche modo correlato alla sfera della creatività. D'altro canto non sarebbe la prima volta che questo fenomeno viene scambiato per altro. Pare infatti che ne fosse affetta tra gli altri Santa Teresa d'Avila, che interpretò lo scotoma scintillante come - addirittura - le porte del paradiso. Che cos'è dunque l'aura?



L'aura si presenta con uno scotoma scintillante: si tratta di una sorta di tempesta cerebrale, cioè un'onda di intensa attività delle cellule nervose che si diffonde attraverso una zona insolitamente ampia della corteccia, particolarmente focalizzata nelle aree occipitali che controllano la visione. Il neurone inibito normalmente scarica i neurotrasmettitori e quando la membrana è depolarizzata subito si iperpolarizza per un breve istante; se il neurone resta eccessivamente iperpolarizzato o inibito, può richiedere maggiore o minore energia se è in fase eccitata o quiescente, e di conseguenza un flusso sanguigno superiore o inferiore a seconda dello stato in cui permane, scatenando un'onda elettrica progressiva; l'onda si propaga nella corteccia a una velocità tra i 2 e i 3 millimetri al minuto, e le anomalie visive che accompagnano l'aura si diffondono nei campi corticali a quella velocità.




L'aura è caratterizzata da sensazioni estremamente spiacevoli che possono durare da 5 a 15 minuti, più raramente oltre i 30 minuti e fino ad un'ora. Lo scotoma scintillante si presenta sia lateralmente limitatamente ad un solo emicampo, sia in entrambi i campi visivi e di conseguenza su tutta la visione stereoscopica. Durante l'aura non si avverte nessun dolore alla testa; si ha la comparsa nel campo visivo di una particolare sensazione luminosa che assume quasi sempre l'aspetto di un arco irregolare, linee spezzate o greche, o un tratto costituito dal susseguirsi di questi aspetti combinati, di densità fiammeggiante e liquida, con puntini e riflessi lampeggianti e sfrigolanti di colori blu, giallo, rosso,verde e bianco, solitamente a decorso progressivo partendo da alcuni punti (teicopsie) che formano lentamente delle linee spezzate (spettri di fortificazione). In una fase acuta più o meno lunga possono arrivare a occupare gran parte del campo visivo, per poi affievolirsi gradualmente e svanire.




Dunque, una sorta di cecità neurologica. Durante un episodio d'aura, sono in balia della mia realtà organica: l'essere fatto di ingranaggi "materiali" che, per un certo tempo, smettono di funzionare come dovrebbero. Ma non è solo questo: durante l'aura, tra perdita di equilibrio, nausea e tachicardia, perdo coscienza di un pezzo di mondo che diventa a me invisibile, e allo stesso tempo di un pezzo di me: lo stato confusionale che ne deriva è simile per certi versi ad alcuni stati di dormiveglia dove pensieri e sogni si confondono, si accavallano, sono difficili poi da ricordare; dunque permane la sensazione di "esserci", ma non saprei poi dire dove né come. Fino ad oggi il concetto che la realtà circostante esista solo grazie all'osservatore è già stato masticato da molti e sotto molti punti di vista; il fatto che - al contrario e al contempo - la mente smetta di esistere (o di funzionare come dovrebbe) quando viene a mancare la realtà circostante, oppure un frammento di essa, è forse meno indagato. Dunque è anche tutto ciò che percepisco che fa sì che la mia mente sia così come è.


















Mi chiedo anche - nel caso in cui il sovraccarico neurale di informazioni sia la causa principale scatenante dell'aura - se sia possibile "costruire" ad hoc un'opera d'arte che la induca: qualcosa di così complesso, così comunicante, come un fiume in piena di stimoli percettivi, che faccia scattare nella mente degli osservatori l'interruttore di sicurezza. Se sia possibile concepire e realizzare un'opera tale, e se la negazione fisica neurologica di essa sia percepita da tutti allo stesso modo (oppure, se ci siano persone più soggette al tilt percettivo di altre). Un'opera d'arte che sia il confine ultimo, la pietra miliare oltre la quale, così come siamo fatti geneticamente, non si possa andare.

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