Esperimenti di scrittura | 7 di 14
NELLA VASCA DA BAGNO
uno scrittore, immerso in un fluido, riceve una spinta pari al peso della sua scrittura
NELLA VASCA DA BAGNO
uno scrittore, immerso in un fluido, riceve una spinta pari al peso della sua scrittura
Per poter scrivere nella vasca da bagno, lo scrittore deve avere una vasca da bagno, oppure chiedere di poter usare la vasca da bagno ad un altro che ce l’ha. “Scusa, posso scrivere nella tua vasca da bagno?” è una domanda che pochi hanno avuto la fortuna di sentirsi rivolgere. E’ chiaro che la doccia è molto diversa, per quanto il rito purificatore dell’acqua sia simile, si potrà tentare l’esperimento di scrittura anche in questo secondo caso; ma così, ad intuito, pare meno agevole della vasca. Altrettanto diverso sarà scrivere in una vasca con idromassaggio, a questo punto si potrebbe parlare di idromessaggio dello scrittore, tutto un ribollire di parole, “il medium è il massaggio”, lo scriveva anche McLuhan.
L’operazione alchemica con la quale lo scrittore si accinge a trasformare la vasca da bagno in una vasca da scrittura prevede che egli stesso sia coinvolto fisicamente, in prima persona. Dunque, se da un lato in molti casi la parola scritta ha una valenza magica di per sè, senza eccessivo coinvolgimento dello scrivente (mettere una firma in fondo ad un contratto, un voto su un libretto universitario…), valenza magica tale da modificare la realtà – per il semplice fatto che si sia versato un po’ di inchiostro su un pezzo di carta – in altri casi, senza la partecipazione dello scrittore, le frasi resterebbero solo ipotesi, pura speculazione. Uno scrittore è scrittore anche se scrive cose che poi non “fa”? Certo che “sì” (questa cosa che il “fa” venga prima del “si” nella scala dei toni musicali andrebbe approfondita); ma come distinguerlo da uno scrittore che scrive quello che invece realmentefa? Si possono dividere gli scrittori in due categorie? Quelli che immaginano, e quelli che fanno; oppure, la scrittura in due prospettive: quella che racconta cose che
- sono accadute (lo scrittore giornalista, lo storiografo)
- stanno accadendo (lo scrittore qui-ed-ora, lo scrittore inviato, in diretta)
- accadranno (lo scrittore paragnosta, lo scrittore exit-poll)
e la scrittura che de-scrive cose che
- non sono accadute (lo scrittore revisionista)
- non stanno accadendo (lo scrittore mentitore)
- non accadranno (lo scrittore di fantascienza, quando non ci azzecca)
Se concepissimo così la storia della letteratura italiana, chissà come sarebbero divisi in capitoli i libri di testo delle scuole. E chi dovrebbe tenere il registro dell’una e dell’altra categoria di scrittori? Quale ufficio di “controllori” potrebbe verificare ogni singola parola scritta, se corrisponde o meno al vero? E poi, dal punto di vista di chi? Si potrebbero ipotizzare diversi livelli di “aderenza” della scrittura alla realtà? E che dire della buona fede dello scrivente, magari assolutamente convinto che le cose siano andate come scrive lui? Inoltre, per concludere la digressione: c’è una bella differenza se firmo io un libretto universitario, oppure se lo firma un docente: l’inchiostro, la carta e il gesto sono gli stessi, ma è “l’autorità” attribuita da altri, socialmente, a rendere diversa la mia scrittura dal potere di quell’altra. Un po’ come le false giustificazioni di assenza sul diario del liceo. Però, in quel caso, se il professore non si avvedeva dell’inganno, il falso aveva effetti reali ed apprezzabili.
Ma torniamo a scrivere nella vasca da bagno. C’è un precedente importante…
…che non porta proprio fortuna, ma tant’è. Jean-Paul Marat faceva spesso uso della vasca da bagno, a causa di una dermatite contratta in ambienti malsani; e dunque gli capitava di scrivere immerso in acqua: di necessità, virtù. Nonostante stesse facendo il bagno – errore che gli fu fatale – acconsentì a ricevere Charlotte Corday, che a tradimento gli vibrò una coltellata tale da recidergli l’aorta, forargli un polmone e ucciderlo per l’emorragia in pochi secondi. Dai dipinti dell’epoca, non si direbbe che la Corday, donna così gracile, potesse fare tanto danno: probabilmente fu un colpo fortunato (per lei) oppure sfortunato (per Marat). Che il destino si accanisca contro chi fa il bagno è palese, vedi la frequenza con la quale, proprio nei momenti di immersione in un liquido, il citofono oppure il telefono tendono a squillare. Dunque, prudenza.
Lo scrittore nella vasca da bagno sarà nudo (a meno che non sia particolarmente eccentrico, e dunque faccia il bagno vestito). “Lo scrittore nudo” sarebbe un bel titolo, forse l’hanno già anche usato, chi lo sa. “Il pasto nudo”, nel frattempo, l’ha già preso William Burroughs. E sentendosi (messo a) nudo, lo scrittore scriverà più sinceramente? Oppure si inventerà chissà che, per distogliere l’attenzione (sua, e di eventuali persone presenti, anche se poco probabile) dalla sua nudità? Anche la temperatura dell’acqua potrebbe influenzare la sua scrittura: troppo fredda, troppo calda. Però, acqua a temperatura corporea non fa granchè: anzi, è il punto di forza delle vasche di deprivazione sensoriale, nelle quali si galleggia sostenuti da una soluzione salina della stessa temperatura del corpo, così da ingannare i sensi dello sperimentatore. “Se immergiamo uno scrittore in acqua…” sembra l’inizio di un problema di scuola. Oppure: il corpo umano – dunque il corpo di uno scrittore – è composto al 90% di acqua, e proprio come l’acqua tende a
[qui il foglio cade nell’acqua della vasca da bagno, e parte del testo è irrecuperabile]
…di solito il bagno, laddove è posta la vasca da bagno, è un luogo che permette un buon isolamento acustico, addirittura, alle volte, con un leggero effetto di riverbero…
…”Paura e delirio a Las Vegas”, ricordate la scena della vasca da bagno?…
…lo scrittore folgorato, non da un’ispirazione bensì da un’apparecchiatura elettrica che accidentalmente…
[D’altro canto, lo scriveva anche Catullo: “in vento et rapida scribere oportet aqua”...]
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