venerdì 2 ottobre 2015

Sono un cattivo visitatore di mostre d'arte




SONO UN CATTIVO VISITATORE DI MOSTRE D’ARTE

La premessa è che io sono un cattivo visitatore di mostre d’arte. Sul serio. Sono “cattivo” nel senso latino del termine, cioè “captivus”: sono “prigioniero” di forme mentali, preconcetti e aspettative che mi impediscono di vivere al meglio l’esperienza del visitare, ad esempio, una collettiva. C’è voluto del tempo prima che mi rendessi conto, con molto imbarazzo e altrettanto disappunto, di queste mie affezioni mentali, radicate nel profondo ed in parte ancora indefinite, che hanno iniziato a scorrermi nelle vene con i modelli culturali che ho respirato fin da piccolo (sii produttivo, non perdere tempo, non dire quello che pensi veramente) e con i desideri che non sempre erano davvero i miei (diventa famoso, invidia chi è più bravo di te, fatti invidiare dagli altri). Dal momento in cui mi sono reso conto di tutto questo, è iniziata una guerra durissima con me stesso; alle volte ho visitato mostre che non mi hanno aiutato affatto a vincerla, altre – più raramente – mostre che in qualche modo mi hanno dato una mano a venirne fuori. La collettiva COME QUANDO FUORI PIOVE rientra in questa seconda categoria. Il testo critico di Claudio Lorenzoni è un “buon foyer”, un modo di accogliere il visitatore massaggiando la sua mente prima dello spettacolo vero e proprio; e la cura di Amalia De Bernardis accompagna ma non strattona, suggerisce ma non impone, apparecchia e lascia che sia il pubblico a godersi la libertà di scegliere che cosa fare. Ho sempre sofferto – pur essendo io affetto da “incapacità di visitare al meglio una mostra d’arte – l’accanimento terapeutico di certe scelte curatoriali. In questo caso, invece, no.


Ci sono molti modi di intendere una mostra, a seconda degli scopi che si vogliono raggiungere. A me piace pensare che sia uno spazio di incontro: tra artisti e pubblico, tra opere e sguardi sulle opere; ma non solo. E’ una cosa positiva quando una mostra diventa molto di più che un semplice spazio espositivo, cioè si trasforma in un luogo dove accadono delle cose: le opere, nella mente del pubblico, si evolvono, in parte conservano il patrimonio genetico dato loro dall’artista, ma diventano anche altro, a seconda dell’interpretazione dei visitatori. Se poi si tratta di una collettiva, questa reazione è elevata all’ennesima potenza, ed è anche più difficile da controllare: come una centrale nucleare, può fornire energia, oppure può disintegrare tutto nel raggio di parecchi chilometri: artisti, opere, pubblico. Può capitare quindi di visitare mostre che vogliono semplicemente “consegnare un pacchetto” già confezionato, e mostre che invece  agevolano questo processo creativo, e riconoscono ad ogni partecipante – artisti, opere, pubblico – il ruolo legittimo. Anche su questo punto la collettiva COME QUANDO FUORI PIOVE raccoglie la sfida di proporsi in un panorama, secondo alcuni già saturo di iniziative, secondo altri  terribilmente ammuffito, come un buon punto di riferimento.


Potrei raccontare il mio punto di vista sulle opere di ciascuno dei partecipanti alla collettiva – ed è stato bello poterne parlare con gli artisti presenti all’inaugurazione – ma perché farlo? Per dimostrare che io ho capito e gli altri invece no? Non sono un critico d’arte. Per aggiungere qualcosa ai contenuti di opere già ricche di loro? Basti sapere che c’è molta, molta contemporaneità, concetti con i quali tutti noi dobbiamo, volenti o nolenti, imparare a confrontarci (e alla svelta, possibilmente, per non soccombere bensì ritornare protagonisti del nostro tempo): naturale e artificiale, permanenza ed impermanenza,  scelta e spontaneità, tecnica ed individualità. No, quello che vorrei fare è invitarvi a dimenticare tutto quello che già sapete sulle mostre d’arte, lasciare a casa le aspettative e i  ragionamenti compassati che si indossano di solito per fare bella figura agli aperitivi, e visitare la colletiva COME QUANDO FUORI PIOVE come si fa quando si arriva in un paese straniero e pian piano si scopre, per analogie e differenze con la propria patria di origine, che non solo gli stranieri siamo noi, ma soprattutto che siamo stranieri anche a noi stessi, e quante cose potremmo scoprire, su di noi e sugli altri, se solo fossimo un po’ meno falsamente sicuri di quello che sappiamo. Andate a vederla, per favore.


COME QUANDO FUORI PIOVE
Spazio MOUV via Silvio Pellico 3, Torino
30.09 > 10.10 lun/ven 17-21 sab/dom 10-21
A cura di Amalia De Bernardis
Testo critico di Claudio Lorenzoni
Opere di Sergio Aiello, Marco Altavilla, Marco Da Rold, Deborah Ieranò, Severino Magri, Francesca Vignale

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