Oggi è stata una giornata molto piovosa. Al mattino nebbia, umidità. Molte biciclette, a Parma: usate un po’ da tutti, dalla mamma che porta a scuola in figlio seduto sul cestino sopra la ruota posteriore, alla commessa, allo studente, all’uomo d’affari. Molti guidavano la bici con una mano sul manubrio e l’altra a reggere l’ombrello sulla testa. Prima la strada è delle auto; poi, la fanno diventare area pedonale; infine, i cittadini capiscono che spostarsi in bici è più comodo, pratico, non costa. L’avrebbero capito a monte? Hanno dovuto aspettare un impedimento, per rinunciare alla macchina e scegliere la bicicletta, per rendersene conto? Fuor di metafora: fortunatamente c’è chi ci aiuta ad uscire dalla nostra area di comfort per scoprire nuove possiblità, alle quali non avremmo mai pensato, oppure verso le quali avevamo pregiudizi,“se”. In questo “se” si compie l’epifania del problema del potere. Se chi ha il potere di indurci ad uscire dalla nostra area di comfort ha a cuore il nostro bene. Il potere costituito ha la sua massima espressione nel gestire il bene e il bene-essere comune. Ma se invece si piega ad altri interessi? Allora è dittatura. Forse il potere contiene in sè i germi che lo portano, e come e quando? a questa forma.
mercoledì 31 luglio 2013
lunedì 29 luglio 2013
domenica 28 luglio 2013
Tutto il resto
La stanza d’albergo è un paradigma perfetto. Non parlo delle stanze d’albergo false, quelle che in qualche modo devono fingere di essere altro, particolarmente all’avanguardia, oppure in perfetto stile liberty, o qualsiasi altro espediente per mentire sulla loro vera natura. Intendo la stanza d’albergo pura, quella funzionale e basta, per un passaggio senza coinvolgimento, quella stanza d’albergo uguale ad altre dieci milioni di stanze d’albergo sparse in giro per il mondo. Tutti i grandi artisti sapevano vedere perfettamente, e "fare proprio" per il loro lavoro, questo paradigma. Sapevano vedere il passaggio di altri mille corpi, oltre l’illusione che quella fosse la loro stanza d’albergo. Sapevano le storie che erano transitate prima, e che sarebbero transitate dopo, in quella stanza, gli sguardi che si erano posati e si sarebbero posati sull’armadio senza fronzoli, sulle lampade a buon prezzo, sulle scrivanie immediatamente dimenticate per forma, colore, materiale, non appena abbandonato l’albergo. La stanza d’albergo è il paradigma di quella natura puramente funzionale, eppure l’ossatura stessa della realtà. Tutto il resto, è abbellimento inventato, è narrativa.
sabato 27 luglio 2013
Geometrie impreviste
L’architettura è rivelatrice di quello che l’umanità è diventata. Si dice che la casa sia il nostro corpo inorganico. Per estensione, le città che abitiamo dovrebbero dunque essere l’immagine precisa di quello che è il nostro vivere sociale: rappresentano come ci incontriamo, come ci spostiamo, come spendiamo il nostro tempo, quali significati diamo alle nostre azioni, che cosa è più importante e che cosa no. Troppi supermercati, e pochi luoghi di cultura. Troppi spostamenti, e pochi luoghi dove poter stare fermi (per lo meno senza dover pagare, perchè il mio stare fermo in un luogo è spesso subordinato ad un’interazione commerciale: il bar dove trovo un tavolo per leggere e scrivere vuole che consumi). D’inverno, se non ho un soldo in tasca, non posso certo stare un pomeriggio interno al parco a leggere, scrivere, creare, da solo oppure in compagnia di amici. Su tutte queste nostre costruzioni architettoniche che rivelano di noi stessi e delle tragedie della nostra civiltà, molto più di quello che pensiamo, il movimento del sole, oppure la pioggia, il vento, la neve. La luce sorge e tramonta ogni giorno e con essa le geometrie impreviste che crea tra i palazzi.
giovedì 25 luglio 2013
Diverse correnti
L’uomo vive forse in due tempi diversi, in due fiumi con due diverse correnti. La prima, è la corrente naturale, con il suo ciclo circadiano, il sorgere e il tramontare del sole, l’alternarsi delle stagioni, la nascita e l’invecchiamento. L’altra corrente è più irregolare e tumultuosa, ed è quella dei pensieri, dei desideri, dei ricordi, del tornare indientro e dell’andare avanti con la mente in tempi che sono stati oppure che potrebbero essere. Una corrente procede regolare e maestosa, coinvolgendo tutto l’universo in una danza elegante e travolgente. L’altra corrente tende all’infinito, agli spostamenti laterali oltre che avanti ed indietro, vuole liberarsi delle regole che fanno sì che l’ossigeno che ci permette di vivere sia anche il responsabile della nostra quotidiana ossidazione degenerativa. Forse tutta l’arte e la poesia dell’umanità derivano dal contatto tra queste due correnti, da come possano adeguarsi l’una all’altra oppure ostacolarsi per prevalere. Oppure, non esistono affatto due correnti, ma solo una, che contiene entrambi i movimenti, e trae la sua bellezza proprio da questa contrapposizione di opposte tendenze.
mercoledì 24 luglio 2013
Il Cestino del Genio
Ho sempre avuto il desiderio di poter curiosare in quello che chiamo “Il Cestino del Genio”. Parlo di artisti, nel senso più ampio del termine, da Leopardi a Kubrick a Leonardo a Einstein. Li conosciamo tramite le loro opere. Ma sono certo che i loro “lavori pubblici”, per i quali sono passati alla storia e che hanno cambiato il mondo, sono solo una piccola percentuale di tutto il materiale che hanno prodotto, e che in larga parte hanno dovuto scartare. Teorie errate, abbozzi di poesie, idee non sviluppate, vicoli ciechi, progetti abbandonati. Mi piacerebbe dare un’occhiata al “Cestino del Genio” non solo per potermi rendere conto di quanto lavoro è necessario per arrivare ad un pensiero bello, ad un messaggio interessante, ad una teoria che faccia fare un passo all’umanità, ma anche per vedere quali e quante scelte hanno dovuto fare per poter arrivare lì, oppure a che cosa hanno dovuto rinunciare, o ancora che cosa anche loro si sono persi per strada, nel corso delle cose della vita, che un po’ indirizzi e un po’ ti indirizza. Vorrei aprire un museo dedicato a tutte queste idee scartate, per necessità oppure per caso, così che chiunque possa rendersi conto di due cose. Che il genio forse non ha niente di più o di meno di tanti altri, ma semplicemente fa più tentativi e più errori; e che infinite sono le strade della vita, e che anche il genio lascia aperte le porte alla possibilità, sperando di passare attraverso il varco giusto.
martedì 23 luglio 2013
Del perchè la materia debba vibrare
Questa nostra società percepisce il silenzio come assenza. Mutua il concetto dalla fisica, lo accosta all’immobilità. Esperimenti in sala anecoica (dove il silenzio viene costruito) dimostrano che l’essere umano resiste pochi minuti in una condizione di totale assenza di suono, per poi essere turbato da profondissimo disagio. Andiamo a ritroso. Il suono è vibrazione. Materia che vibra. Chiamiamo silenzio l’assenza di suono, ma assenza di un suono percepibile con l’udito, al quale verrebbe dato in modo automatico un significato: armonioso, cacofonico, evocativo, disturbante. Esiste un mondo di suoni, di vibrazioni, che non percepiamo con l’udito, ma all’interno del quale siamo immersi, e al quale contribuiamo con le vibrazioni della materia di cui siamo fatti. Dunque forse il silenzio assoluto non esiste, se non nell’assenza stessa di materia. Là dove c’è materia, c’è vibrazione e dunque suono, impercettibile. Il suono- vibrazione testimonia: l’essere avviene. Del perchè la materia debba vibrare, si sa molto poco. Forse da qui deriva l’irrequietezza dell’esistente, dal sasso che non lo sa, fino all’uomo che deve farci i conti tutti i giorni.
Pain & Gain
Che cosa resta delle nostre azioni, dentro di noi? C’è chi studia i fenomeni della coscienza e della memoria, e ci dice che nulla si dimentica, resta tutto in profondità, e orienta, inconsapevolmente, le nostre decisioni. Una sorta di Eterno Ritorno ogni istante di tutto quello che abbiamo fatto. Come se ad ogni piè sospinto nell’esistenza costruissimo noi stessi sulle fondamenta delle nostre precedenti azioni. Che cosa resta delle nostre azioni, fuori di noi? Siamo zuppi come spugne di mentalità mercantile. Siamo abituati a pensare in termini di sforzo e di risultato pratico. Ma molto ci sfugge, delle nostre azioni. Di quello che resta di esse. Di quello che continua a persistere nell’universo, andando ad influenzare, in modo spesso imprevedibile, le vite e le decisioni altrui. Se è vera la teoria dell’Effetto Farfalla, per cui una piccola variazione qui provoca effetti molto lontani dal “qui” dove mi trovo ad agire, nemmeno possiamo immaginare quale sarà il vero risultato di una mia piccola, individuale decisione. Che resterà nell’universo come un’eco. Questo pensiero paralizza. Serve molta fiducia nella bontà dell’universo che danza sulle note di queste regole nascoste e incomprensibili.
domenica 21 luglio 2013
Abdicare
Oh, la Rivoluzione. Una parola grondante storia, da libri di scuola, che si immagina, che si contratta con la propria coscienza ponendosi l’irrisolta questione tra il prezzo da pagare per, e il risultato che si vuole ottenere per. Con le sue mille motivazioni. Un fenomeno complesso, che dipinge le sue motivazioni e magari le scrive anche su carta pergamena, e che poi è spinto da una costellazione di motivazioni personali che ondeggiano tra il più alto degli ideali e il più basso degli interessi. Oggi, una parola quasi proibita. Perchè oggi non si può più fare la Rivoluzione? Perchè la Rivoluzione ci mette in contatto con la nostra parte profonda. Ci chiede di abdicare a noi stessi in modo così severo, oppure prenderci una responsabilità per le nostre motivazioni egotiche. Forse il concetto stesso di Rivoluzione è stato creato per darle una forma precisa e rinchiudere un concetto in una pagina di storia. Ogni giorno facciamo la nostra Rivoluzione. Tutto si gioca forse sul campo di esserne consapevoli o meno. Perchè Rivoluzione è Cambiamento. E il Cambiamento si affaccia ogni istante sulle nostre vite, desideroso di essere corteggiato, crudele con chi non lo prende sul serio.
sabato 20 luglio 2013
Deinòs
Ricordo al liceo la questione del dover tradurre il coro dell’Antigone, quando dice “Molte sono le cose deinà” (una parola che indica il terribile e il meraviglioso allo stesso tempo) ma nulla è più deinà dell’uomo.” Come è deinà, cioè pare spaventoso e miracoloso in uno solo concetto, la prospettiva che l’essere umano ha delle cose, e che indirizza la sua vita in una direzione piuttosto che in un’altra. Come se il nostro gusto inconscio, la nostra scelta empatica, possa farci vedere grandi certe cose e piccole altre, e ci guidi, se ascoltata con cura tra il rumore di una vita troppo spesso non posseduta appieno, verso quello che davvero ci appartiene. Lek-lekà, dice il dio a Mosè che non ne può più delle piccolezze umane e vuole trovare un luogo di pace per se stesso. Dove devo andare? Risposta dalla divinità: Lek-lekà, letteralmente “Vai verso te stesso”. Non c’è altra strada che non possa dirsi la migliore per portare a compimento la propria esistenza. Andare verso se stessi. Realizzare quello che si è. Ciascuno trova il suo sentiero e arriva alla sua meta. Ed è vertiginoso, alcuni lo chiamano destino, questo rotolare verso il proprio ardere totalmente senza risparmiarsi.
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