domenica 18 agosto 2013

Lemuri


Ci sono due modi di usare i social networks. Molti modi, in realtà, ma consideriamone due. Il primo è simile ad un tentativo di archiviare, archiviare tutto. Foto di viaggi, pensieri su avvenimenti di cronaca, stati d’animo. Archiviare il più possibile per avere un’identità, e archiviare esponendo agli altri per ottenere dagli altri un riconoscimento. Questo modo di pensare uno strumento, che permette di mantenere fissi nel tempo immagini e pensieri, è mutuato dallo spirito prettamente capitalistico. Accumulo, e quello che accumulo mi rende, e mi individua. Cerco di fare in modo che nulla vada perso, e che mi frutti qualcosa. Poi, c’è un secondo modo di usare i social networks. E’ quello che guarda al futuro, alle possibilità. Che non cerca di urlare un’identità, ma descrive un atteggiamento, e potenzia le possibilità di crescita e cambiamento. Conoscere altre persone. Trovare nuove forme espressive, nuovi lavori, nuove occasioni d’arte con altre persone affini. Conoscere anche il diverso da sè. Tutte le volte che apro la mia finestra sui social networks, mi inoltro in una selva oscura popolata da lemuri che, pur nascosti sui loro alberi, lanciano urli: io esisto, sono qui, io esisto. Meno spesso mi capita di sentire domande: chi sei?



1 commento:

  1. ...
    La parola infatti vola. Non è lei
    il promemoria
    di questa condizione terminale;
    ci salverà conducendoci oltre
    i mondi e la trasmutazioni
    che mai nulla sanno di sé.
    ...
    Le parole che incontri leggendo
    fanno due cose diverse tra loro,
    e le fanno simultaneamente,
    proprio mentre ci ficchi dentro il muso
    e leggi. Ma cosa leggi a fare?
    E caso mai facendo di testa tua...
    No, no, no: qui dobbiamo attendere.
    Attendere e stare a guardare.
    ...
    Si dice che stanchi dei sogni
    ci mettemmo a scrivere la storia.
    Occorreva dunque molta fantasia.
    ...
    ...Eppure,
    pensa ai fanciulli;
    ai generosi cani;
    ai polli che giungono
    al fremito di briciole;
    a tuo padre malato
    che accoglie una carezza
    che urta la sua mente
    prima di toccare la pelle
    e un sorso d'acqua
    una parola...
    pensa: una parola
    che ti tocca ora
    più delle dita
    più delle tue mani
    che non possono entrare
    dentro il tuo stesso sentire,
    e non possono conoscere
    l’altro respiro che ti vede esitare.
    ...
    ©GabrieleVia 19 agosto 2013


    https://www.facebook.com/notes/gabriele-via/una-specie-di-introduzione-alla-poesia-le-tue-parole/10151845604297464

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