venerdì 7 marzo 2014

L'Etichettatore, ovvero: anatomia del fallimento


L'ETICHETTATORE
ovvero: anatomia del fallimento

Dopo le “poesie murali” di Melina Riccio (che trovate qui) e i disegni sulle cabine di manutenzione dell’Enel dell’Anonimo Pornografico (che trovate qui), con questo nuovo pezzo proverò a raccontare dell’Etichettatore.

E’ necessario vivere a Torino da tempo per accorgersi dell’Etichettatore, ed avere molto spirito di osservazione. A me sono serviti anni per arrivare a capire che certe etichette adesive viste sui muri della città non erano casuali, bensì opera della stessa mano, di qualcuno che operava (e ancora oggi opera) in modo sistematico.

Il primo intervento dell’Etichettatore in cui mi sono imbattuto risale, credo, a dieci anni fa. Alla fermata dell’autobus numero 61 avevo notato su un palo un’etichetta bianca, di circa 5X3 centimetri, posizionata con il lato lungo orizzontale, scritta in stampatello, probabilmente con una penna a sfera.

Non ricordo il gioco di parole scritto su quell’etichetta adesiva, e purtroppo oggi quel palo è stato rimosso per fare spazio ad alcuni lavori stradali di ampliamento del marciapiede. Molti mesi dopo, passeggiando per via Po, notai un’altra etichetta adesiva: stesso formato e stesso stile di scrittura. Altro gioco di parole che non ricordo esattamente.

Insomma, di tanto in tanto e a distanza di tempo mi capitava di trovare queste etichette. Più o meno sempre le stesse dimensioni, scritte a penna a sfera, alcune volte sottolineate con un evidenziatore giallo oppure arancione. Poi, per un po’ di tempo, non ne vidi più. Forse c’erano e non prestavo abbastanza attenzione, forse comparivano in zone della città lontane dai miei percorsi abituali, forse l’Etichettatore si era preso un momento di pausa dalla sua impresa etichettatrice.

Tornarono alla mia attenzione quando la Stampa, il 26 agosto del 2008, riportò quel brutto episodio avvenuto al monastero di San Colombano, a Belmonte: quattro frati erano stati picchiati selvaggiamente da una banda di malviventi. Gli inquirenti seguivano varie piste, e prima di trovare i colpevoli (che osservavano da tempo i frati, e avevano intenzione di rubare i soldi delle offerte), notarono alcune piccole etichette adesive su uno dei muri del monastero. La foto che corredava l’articolo era quella di una delle etichette adesive che avevo visto anch’io. Non era quella la pista corretta, non c’era nessuna relazione tra il fatto e le etichette, ma in un lampo mi ero reso conto che il misterioso Etichettatore operava anche fuori dai confini cittadini.

Nuovamente, per molti anni, durante i miei spostamenti a piedi per la città non ho più notato alcuna Etichetta Adesiva. Fa un certo effetto raccontare una storia misurandola in “anni”, oggi che tutto è immediato ed in tempo reale. 

Qualche giorno fa, sulla porta antincendio del negozio dove lavoro, è spuntata una nuova Etichetta Adesiva, esattamente come le altre, e sempre scritta a mano.
A distanza di dieci anni e più dalla prima che ho notato.
L’Etichettatore è ancora all’opera, dopo tutto questo tempo. Scatto una fotografia ed inizio a pensare ad un pezzo che racconti questa cosa curiosa.



Vorrei provare a ritrovare le altre che ho notato anno dopo anno per fotografarle, ma non ho abbastanza tempo per dedicarmi a questa cerca. Eppure, sono fortunato: per caso ne trovo un’altra dalle parti di via sant’Agostino.



Che cosa c’è scritto su queste etichette? Da quello che ricordo delle prime avvistate, e dalle ultime che ho avuto modo di fotografare, si tratta di giochi di parole volgari e  piuttosto stupidi; spesso anticlericali. Si potrebbero ad un primo sguardo anche definire opera di un omofobo, tuttavia l’accento sembra posto più sull’ipocrisia di chi si professa contro e poi si comporta diversamente.
Un esempio, che spesso ho ritrovato ripetuto su molte etichette:

VA-TIC-ANO

Su molte altre etichette c’erano nomi e cognomi di persone, che naturalmente non riporto per motivi di privacy. Su alcune si trovavano anche commenti a proposito delle brutture del mondo del lavoro e dei nuovi contratti interinali, ChiChiChi, CoCoCo, GuruGuruGu QuaQua (cfr Pippo Franco)

A latere di quanto si trova scritto su queste etichette (servirebbe un campione abbastanza ampio per poter tracciare un profilo) e del perchè lo faccia, mi lascia allibito la costanza dell’Etichettatore. Andare avanti per anni a compiere un’azione che... stavo per scrivere: “è senza senso, senza un risultato effettivo”, ma mi sono fermato.

Parliamo dunque delle azioni impossibili, e dell’anatomia del fallimento.
Perchè un’azione fallisce?

Perchè l’obbiettivo è impossibile.
Vorrei svuotare il mare con un cucchiaino, goccia a goccia.

Perchè l’esecutore dell’azione non è capace di portare a termine quell’azione.
Vorrei alzare cento chili, ma i miei muscoli non sono abbastanza sviluppati per farlo.

Perchè la società è contraria a quel tipo di azione, e la ritiene inopportuna.
Vorrei recintare e appropriarmi di un appezzamento di terreno, ma è suolo pubblico.

Possiamo annoverare poi altri due fattori di fallimento:

Il fattore casuale.
La freccia non ha centrato il bersaglio perchè un colpo di vento l’ha spostata.

La visione errata.
Vorrei volare per lunghi tratti con  un marchingegno a pedali, ma fisicamente è impossibile.



Torniamo al nostro Etichettatore. Lasciamo da parte le nostre supposizioni a proposito del perchè agisca in questo modo, e proviamo ad applicare quanto scritto proprio qui sopra.

Impossibilità fisica: se vuole tappezzare tutta la città di etichette adesive, probabilmente siamo nel campo dell’impossibilità fisica; certo, potrebbe anche farcela, ma consideriamo che quando avrà quasi completamente ricoperto il quartiere di San Salvario, altre etichette a Santa Rita si saranno staccate, palazzi già ricoperti saranno abbattuti, nuovi edifici saranno stati costruiti.

Incapacità personale: l’Etichettatore non ha il tempo necessario per attaccare tutte le etichette che vorrebbe: deve pur dormire, mangiare, spostarsi da un luogo all’altro. E soprattutto, per quanto possa vivere a lungo, non gli basterà il tempo della sua esistenza terrena per portare a termine il suo compito.

Convenzione sociale: le etichette adesive non si devono attaccare, i muri non sono di proprietà dell’Etichettatore, e le cose che scrive potrebbero essere false e diffamanti. Se vuole “sensibilizzare” la città su alcune questioni, lo sta facendo in modo inefficace. Essendo però io stesso portatore sano? insano? inconsapevole? di convenzioni sociali, mi chiedo: nel mio giudicarlo male sto applicando categorie che mi sono state inculcate e di cui non mi accorgo, che ritengo scontate, oppure sono realmente convinto della loro “giustezza”? Se l’Etichettatore è spinto nel suo agire da un’ossessione, di cui forse non si rende conto appieno, altrettanto lo sono io nel giudicarlo, portato da convenzioni sociali che ho assorbito in parte senza rendermene conto.

Intermezzo: il Gran Pertus.

In piemontese, “pertus” significa “buco”. Il Gran Pertus è una galleria lunga 433 metri, scavata attraverso la montagna di Chiomonte, in Val di Susa, da Colombano Romean. Per scavare questa galleria il signor Romean ha lavorato dal 1526 al 1533, per 7 anni consecutivi, mentre gli abitanti della valle lo schernivano e gli davano del pazzo. Oggi i campi e i prati delle borgate di Cels e Ramats sono verdi e fertili, grazie all’acqua che attraversa questa galleria e arriva dalla vicina Val Clarea, dall’altra parte della montagna. Il Pertus è anche percorribile dagli escursionisti, con l’ausilio di torce, attrezzatura e vestiario adeguati.

Sono sicuro che al mondo ci siano migliaia di persone impegnate in progetti assolutamente “impossibili”. Alcuni sono impossibili fisicamente, altri destinati a fallire per incapacità naturale degli esecutori, altri invece socialmente non accettati, perchè la società non può oppure non vuole accogliere questi cambiamenti. E sono altrettanto sicuro che il 90% di queste imprese “folli” falliscano senza che nessuno se ne accorga, e vadano persi così, “come lacrime nella pioggia”.


Alcune, magari assistite da una buona dose di fortuna, giungono invece a compimento, e allora potrebbero essere una delle Sette Meraviglie del Mondo, grandi trasformazioni sociali, scoperte scientifiche rivoluzionarie. Un elemento però accomuna tutte queste opere: la costanza e la tenacia di chi le ha: prima pensate, poi tentate. L’ingrediente senza il quale lo Stupore non si manifesta è una buona dose di non-buon-senso.

Credo anche che esistano le I.I.I., le Inconsapevoli Imprese Impossibili, molto diffuse e forse anche tentate da alcuni di noi; destinate a fallire nonostante siano socialmente accettate (anzi, addirittura incoraggiate): essere felici accumulando denaro, oggetti, notorietà; oppure il grande rimosso ma segretamente desiderato: vivere per sempre. Il fatto che siano socialmente accettate non è automaticamente un sostitutivo della bontà di queste imprese.

Mi chiedo anche se: non sia uno sforzo per cui valga la pena di impegnarsi > quello di dare più ampia possibilità affinchè le imprese impossibili-ma-importanti abbiano impossibilità di accadere; e la casualità oppure la cecità delle convenzioni sociali (più comode, a volte, che necessarie) non le soffochino ingiustamente, prima che possano essere provate sul campo.

Per concludere, tornando al misterioso Etichettatore, mi chiedo: al netto del fatto che sia ancora attivo ed in circolazione, ed io incroci le sue etichette adesive, perchè ora le noto meno? Oggi non giro più per le strade della mia città come una volta? Sono più disattento? La mia percezione selettiva della realtà ferma la mia attenzione su altro?

Aggiornamento 9 novembre 2014




3 commenti:

  1. Uff... è una maledizione! Ho già scritto questo commento almeno tre volte da Gare de Lyon WiFi Gratuit, senza che Google + fosse in grado in quegli istanti di accettare il mio Non Essere Un Robot digitando la solita sequenza (inutile et insensata) di numeri dal mio tablet... Quindi, stasera finalmente di nuovo davanti al mio netbook italien, j'aborde à nouveau l'sujet, ma un passaggio del mouse sopra la pagina di Magazine fa sparire di nuovo le mie righe... è la Maledizione dell'Etichettatore, non c'è dubbio! Ebbene, stavo dicendo già da Parigi... stop, stop, stop, stop!, appena giunta alle righe: " Parliamo dunque delle azioni impossibili, e dell’anatomia del fallimento. Perchè un’azione fallisce?" Mon Dieu, attenzione, come puoi parlare proprio in questo caso di "fallimento"??? Accidenti, per il fatto stesso che tu stia a scrivere di questo misterioso at-tagueur e/o at-tagueuse su una pagina del tuo Blog d'Arte fa sì questo signore o signora abbia raggiunto in pienissimo il suo obiettivo, altro che faillite! È arrivato esattamente dove voleva arrivare, d'après moi: al punto che non solo qualche torinese lo legge sui muri, sulle cabine elettriche, sui tubi passando per certe vie cittadine, ma addirittura un giovane artista si interessa alle sue etichette così tanto da prenderne nota sul suo famigerato quadernino d'Artista, da fotografare le frasi così composte à la cachette, da realizzarne un Dossier dedicato e da parlarne per condividerlo coi suoi followers abituali sul proprio Blog! Dite pure tutto, ma non certamente che questo sia UN FALLIMENTO! (la suite par la suite... ;) )

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  2. p.s. perché certe sequenze numeriche digitali sono importanti!
    17 6243554... voilà! :)

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  3. Ma tu proprio ce l'hai col disturbo psichico ossessivo compulsivo! Verrebbe automaticamente da chiedersi perché il DOC ti colpisca (ti coinvolga!) a tal punto, non può essere solo una questione "visitata a casa d'altri", dev'essere per forza qualcosa di "vissuto" in prima persona, non c'è versi altrimenti. Impiantiamo, dunque, un Ragionamento alla tua maniera: poniamo che l'Etichettatore sia affetto da un DOC da svariati anni, almeno da quando appiccica le sue etichette da San Salvario a Santa Rita al Gran Pertus e che ne sia assolutamente conscio e correttamente informato dal Medico Psichiatra che lo ha in cura. Ebbene? La Forma & il Contenuto delle sue etichette vengono scalfìte da questa premessa o ne guadagnano in Creatività o restano neutre, lasciate al giudizio dello spettatore??? Bè, qualunque sia la risposta, le sue Etichette sono ancora lì quasi tutte dove le ha messe. :)

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